IL DON COLA DI VIA CESAREA VA ALLA GUERRA DEL DEHOR


IL “PASTICCIACCIO” DI VIA CESAREA: IL COMUNE REVOCA AL “DON COLA CAFÈ” LA CONCESSIONE PER IL DEHOR ESTERNO E NEGA PERMANENTEMENTE QUELLA PER IL DEHOR FISSO. IL MOTIVO? TAVOLINI E OMBRELLONE “DISTURBANO” UN TOTEM PUBBLICITARIO DELLA CEMUSA


Il dehor richiesto per tre volte e mai concesso, l'ombrellone “incriminato” e fatto smontare in tutta fretta e il totem pubblicitario della Cemusa. Ci sono tutti gli ingredienti, per mettere in scena l'ennesima commedia farsesca di metà estate. Un “pasticciaccio”, per dirla con Carlo Emilio Gadda. Il teatro è Via Cesarea, nel cuore del Quadrilatero di Genova. Negozi eleganti e decine di uffici. E ben nove bar in una strada di circa duecento metri. Questa è la “Genova da bere”. E tutti, ma proprio tutti gli esercizi, hanno il loro dehor esterno, fisso per dodici mesi all'anno. Tranne uno. Che pure lo ha richiesto, lo vorrebbe e sarebbe pure disposto a pagare. Vincenzo Di Marco (nella foto), siciliano doc della zona del catanese, è il gestore del “Don Cola” (Via Cesarea 33 Rosso, tel. 010 5955648; Internet: www.doncolacafe.it). Coppola in testa, camicia bianca e bretelle, ha portato nel Quadrilatero un po' del buonumore e della genuinità del Sud. Ma, dopo aver aperto nel 2009, si è trovato subito in mezzo alle pastoie burocratiche. Per un dehor mai accordato e un pannello della Cemusa, al quale Di Marco e i suoi danno «troppo fastidio...». Tutto inizia nel 2009: «Abbiamo fatto domanda al Comune di Genova - Settore Sviluppo Economico e Commercio - Ufficio Occupazione Suolo per ottenere anche noi un dehor fisso, come gli altri otto bar della via e come tutti quelli delle vie limitrofe. Trecento euro per i bolli e le autorizzazioni, poi ci hanno dato risposta negativa, adducendo come motivazione il fatto che avremmo disturbato la visibilità del negozio di abbigliamento di fronte a noi». Il problema del “Don Cola”, è che il dehor non può stare di fronte all'entrata, in quanto lo spazio è attraversato da un passo carrabile. Necessaria, quindi, una collocazione al centro di Via Cesarea. «Abbiamo parlato al gestore del negozio di abbigliamento - ricorda Di Marco - e per lui non c'erano problemi. Uno studio di architetti contattato da noi, lo Studio Massa - Ghibaudo, ha quindi preparato un progetto per un dehor “a impatto zero”: assolutamente rimovibile in pochi minuti. Altri trecento euro di bolli, e altra domanda al Comune: risposta negativa». Però Di Marco è un siciliano “cocciuto” e non si arrende: vuole capire quale sia il problema. «La risposta arriva al terzo tentativo - afferma - Ovviamente dopo i soliti trecento euro di bolli e autorizzazioni, senza versare i quali il Comune non sembra volerci rispondere...». E si scopre, documento alla mano datato 26 Novembre del 2009, «che sono state segnalate criticità causate dall'interferenza fra l'impianto pubblicitario Cemusa e il dehor collocato in prossimità dello stesso». Pertanto, scrive il funzionario del Comune Francesco Loiacono, «viene lamentato come la presenza degli arredi addossati al pannello pubblicitario, in particolare l'ombrellone, riducano la visibilità di un lato dello stesso, determinando secondo Cemusa una significativa diminuzione del valore di mercato dello spazio pubblicitario». Conclusione? «La concessione per l'occupazione di dieci metri quadrati con tavolini, sedie e ombrellone, non potrà essere rinnovata e cesserà di avere efficacia alla scadenza della prima annualità». Niente dehor, né fisso né mobile, e niente ombrellone. Ma quello che più fa arrabbiare Di Marco è lo “scaricabarile”. Scrive il Comune: «Il mantenimento del dehor in tale punto è condizionato dal permanere del benestare di Cemusa, il cui tabellone è stato installato precedentemente al rilascio della concessione a servizio del suo esercizio». «Ma come? - tuona Di Marco - Spendo oltre mille euro per la burocrazia e poi mi sento rispondere che devo contattare Cemusa? Non potevano dirlo subito? E Cemusa diventa “arbitro” di uno spazio pubblico? Siamo alla follia... Mi spiace constatare che quest'amministrazione non soltanto dev'essere sollecitata dietro pagamento, ma poi è incapace di instaurare un dialogo costruttivo con i commercianti e di risolvere i problemi, scaricandoli su altri. Per conto mio, non avere un dehor esterno significa dover ridurre l'occupazione. Il “Don Cola” è un locale di trenta metri quadrati, con cinque dipendenti e sette tavoli interni. E' chiaro che se non potrò mettere i tavoli fuori dovrò dire a tre persone di cercare un altro posto di lavoro. E sarebbe una cosa spiacevole, per colpa di un pannello della pubblicità, che si potrebbe spostare di qualche metro, mettendomi in condizione di lavorare come tutti gli altri». Di Marco ha pure contattato Cemusa: «Ero disposto a comprarmi la pubblicità sul pannello, così poi l'avrei anche potuta coprire, tanto era la mia... Mi hanno chiesto diecimila euro per un anno. Una cifra che, francamente, mi pare un po' eccessiva». Intanto, l'ombrellone (che era fondamentale per riparare dal sole i clienti, specie nelle ore più calde) è sparito. Come pure una parte dei tavolini. «Un vigile dell'Annona ce li ha fatti togliere, minacciando di redigere un verbale. Sono rimasti fuori dal locale altri tavolini tra il pannello Cemusa e l'alberetto di limoni: siamo riusciti a conservare almeno questi, grazie a un'autorizzazione ottenuta con l'interessamento del Civ di Via Cesarea, nella persona del suo presidente Carlo De Barbieri. Ma, ovviamente, tutto questo non basta per poter lavorare come tutti gli altri. Ripeto, solo questo mi sta a cuore: devo poter lavorare nel mio locale con le stesse condizioni dei miei colleghi esercenti. Nove bar in Via Cesarea, otto dehor e uno solo “all'addiaccio” - e tutto per un pannello pubblicitario che basterebbe spostare di pochi metri – mi sembra francamente una bella presa in giro. Mi viene in mente, per chiudere lo sfogo, una bella frase che ho letto, del giornalista Massimo Gramellini: “Un giorno instaureremo la repubblica del buonsenso, dove le leggi non saranno più il trastullo dei potenti e la trappola dei semplici”».


INFORMAZIONI

Vincenzo Di Marco

Don Cola Cafè - Via Cesarea 33 Rosso

Tel. 010 5955648

Internet: www.doncolacafe.it

E-mail: doncolacafe@libero.it


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